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LA MIA MARATONA

Non ho mai corso tanto a lungo e molti sono i dubbi e le incertezze: ce la farò?
Sono un modesto podista, uno dei tanti appassionati della corsa e ho fatto una scelta ambiziosa, come prima (e unica) maratona ho scelto quella di New York: La Maratona.
Ce la devo fare.

Comincio una preparazione serrata, mi occorreranno almeno tre mesi, inizio ad agosto assieme ad un gruppo di amici che, con me, voleranno nella grande mela.……crack!! Mi faccio male, ecografia, responso impietoso: stiramento al mediale della gamba destra 3 settimane di stop e  di terapie. Non ci voleva proprio, ed ora che faccio?? Recupererò, la motivazione è troppo  grande, posso mollare proprio adesso?? Certo che no, e quindi, a guarigione avvenuta, si ricomincia: una prima settimana di ripresa graduale ma solitaria……gli altri sono troppo più avanti di me devo fare tutto da solo ed al ritmo che può consentirmi di concludere la gara, non voglio condizionamenti.

Allenarsi da solo è snervante, correre oltre tre ore senza compagnia di qualcuno che, come te, coltiva lo stesso sogno toglie una parte dell’entusiasmo ma l'obbiettivo è uno di quelli per i quali vale la pena lottare.  Giorno dopo giorno mi convinco che sia fisicamente che, soprattutto, mentalmente, sono pronto e mi pongo pure un obbiettivo: devo cercare di non andare oltre le 4 ore e 15 minuti.

Finalmente si parte, New York via Dublino, albergo sulla 39° Street in piena Manhattan: arriviamo il mercoledì e la gara è per domenica c'è tutto il  tempo per smaltire il jet lag. Tutto è così grande e particolare, gente, grattacieli, strade, macchine, camion, taxi e taxisti, musei, parchi, centri commerciali, ricchezza  e povertà. Passeggiando per questa pulitissima metropoli non mi sento più un modesto podista ma un atleta vero e decido che, come preparazione alla maratona, voglio fare il turista tra Times Square, Soho e Greenwich passando per Tribeca ed il ponte di Brooklin, non ho bisogno di rifiniture, sgambate o altro, domenica sarà una questione più di testa che di gambe. E' una sensazione forte passeggiare lungo le immense avenue newyorkesi sapendo che mi attende la più grande maratona del mondo, ogni giorno che passa aumenta la tensione ma sento di poterla gestire, è segno che la testa è a posto. Salgo sugli oltre 445 metri dell'Empire State Building, mi sento il dominatore di Manhattan e grido alla Città, da quella vista mozzafiato, “Arrivo!!”. Il clima della gara comincio ad assaporarlo già all’Expo dove, ritirato pettorale e pacco gara in un clima di festa tra persone delle più disparate nazionalità, prendendo già nota di un’organizzazione che si dimostrerà perfetta fino alla fine, comincio a pensare a ciò che mi aspetterà il giorno dopo e non vedo l'ora di partire.

E’ domenica 7 novembre, sveglia alle 4.30 del mattino. Colazione, in un clima improvvisamente divenuto serioso, assieme ai miei compagni di avventura e poi ognuno a prendere il mezzo (bus o traghetto) che l’organizzazione ha messo a disposizione per raggiungere la partenza: a me è toccato il traghetto che, passando dalla Statua della Libertà, mi porta al di là dell’immenso fiume Hudson, a Staten Island, dove mi aspetta un bus che, dopo altri cinque chilometri,  mi scarica alla partenza.Una fiumana di gente multicolore e multilingue assieme a me, non un minuto di fila, grandi ma discreti controlli di sicurezza………eccezionale!!
Sono le 7, la partenza della mia onda, la verde, è prevista per le 10.10, fa un freddo boia: che faccio per tre ore??  Mi rendo conto che hanno messo a disposizione tutto ciò che serve per ammazzare il tempo, bevande tiepide e calde, focacce, “ciuccini” energetici pre e dopo gara, un numero di bagni sterminato e ampi spazi in cui sostare e socializzare. Non posso stare in piedi tre ore, sarebbe troppo stancante in vista di quello che devo affrontare.  Nel frattempo è uscito un bel sole caldo, trovo un comodo spazio e mi sdraio a terra al calduccio, mi alzo solo per andare a salutare calorosamente Alex Zanardi che riconosco a bordo della sua bicicletta adattata alla sua disabilità. Mi saluta calorosamente com’è sua natura, ci diamo un reciproco in bocca al lupo. Sono ancora più felice, dei personaggi famosi che sapevo essere presenti, era proprio lui che avrei voluto incontrare: questo è certamente di buon auspicio.
Gli altoparlanti chiamano tutti ad entrare all’interno dei corral, i recinti, ma non mi sento un cavallo o un bisonte, di questi animali mi sento di avere solo la forza, il carattere, la voglia di correre. Gli stessi altoparlanti avvertono che, dando una grande dimostrazione della civiltà americana, i vestiti indossati nell'attesa non devono essere abbandonati a terra alla rinfusa per essere gettati, ma devono essere riposti in appositi spazi affinchè possano essere donati in carità a chi ne ha bisogno. E' arrivata l'ora , l'inno americano cantato a cappella che rabbrividirebbe anche il più freddo degli esseri umani e il colpo di cannone: si parte!!
Un immenso fiume rumoroso, gioioso e multirazziale si avvia lungo l'infinito ponte di Verrazzano, il freddo è pungente ma la gioia di esserci ne assopisce gli effetti, con stupore, a differenza di altre gare molto partecipate, mi accorgo che si comincia a correre fin da subito tanto che, di lì a poco, si entra nel quartiere di Brooklin.
E' da qui che inizia lo spettacolo nello spettacolo: due ali di folla assistono al  nostro passaggio incitandoci senza sosta e con un entusiasmo commovente, ognuno grida a modo suo, nella sua lingua, per i suoi colori nazionali e per tutti gli altri contemporaneamente, celebrando un matrimonio di culture, razze, religioni: ciò durerà fino alla fine, senza soluzione di continuità, e anche dopo l'arrivo, dimostrando come per tutti in quel giorno si svolga una vera e propria festa sovranazionale dove la cosa più importante sia la condivisione di quei valori sportivi che uniscono e non dividono, per la popolazione non è importante chi vince ma che ci sia la maratona e tutti i suoi attori. Tra gli spettatori ne avvisto uno che mostra con orgoglio la sciarpa della Juventus, spontaneamente gli grido: Forza Inter!! E lui mi risponde: Anche Inter!! In un'altra occasione chissà cosa mi avrebbe risposto, in quel momento contava solo sentirsi  orgogliosamente italiano e l'avere sentito un'altro parlare con una lingua amica l'ha fatto sentire felice, anch'io sono felice per lo stesso motivo. Quella folla entusiasta ti da la forza quando ti manca, ti emoziona e, quando l'incitamento si fa più assordante, magari anche grazie a quella musica ad  altissimo volume intonata da più o meno improvvisati gruppi rock, pop, afro o country che siano, senti un brivido lungo la schiena e ti senti spuntare le ali sulle spalle: è grazie a questo clima che sono arrivato alla fine.
Dopo Brooklin, il Queens, il quartiere Ebraico, percorrendo faticosi saliscendi che mettono a dura prova le forze a disposizione, quindi l'entrata in Manhattan, che è sempre rimasta sullo sfondo come una meta che sembrava irraggiungibile, attraverso la First Avenue, una enorme lunghissimo rettilineo strabordante di gente che corre verso un'unica meta. Un doppio rifornimento ogni miglio, acqua e sali, lo sapevo e immaginavo un immenso caos, niente di tutto questo, solo un incredibile innaturale ordine.
Sono ora oltre il 20 miglio, sto entrando nel Bronx, quale migliore scenario perchè le mie povere gambe decidano di cominciare ad indurirsi mandandomi segnali preoccupanti, è arrivato il momento che temevo: mi mancano i chilometri necessari sulle gambe, l'allenamento incompleto  comincia a farsi sentire. Era già da qualche chilometro che avevo notato numerosi runners fermi ai lati della strada, chi si stirava, chi camminava stancamente, chi si riposava a terra, non voglio fare la stessa fine e rallento.
Ecco Harlem, comincio a vedere sullo sfondo alberi ad alto fusto e realizzo che sto arrivando a Central  Park, oramai non mi ferma più nessuno, l'adrenalina sale, cancella la stanchezza, mi pervade l'entusiasmo: “C….zo!! sto arrivando!!”
Ultima salita, lunga, la più dura, oramai non la sento più , non mi fa paura più niente………oramai non mi blocco più, me lo sento.
La gente, tantissima anche nel finale, ti urla, ti sprona, guardo la chilometrica, sono al 25 miglio, ho appena costeggiato il Guggeneim, ne manca solo uno: dai Luca dai!! Aumento addirittura l'andatura, voglio finire in bellezza, vedo l'arrivo è lì a portata di mano, c'è una musica assordante ed una voce che urla, a me come a tutti coloro che sono passati e che passeranno dopo di me: “Good, great job, great job!! Wonderful!!”.
Passato il traguardo mi metto le mani sulla testa, non credo a me stesso, ho terminato la maratona di New York, in quel momento penso alla mia famiglia,  a tutti gli amici che con me avevano programmato di venire e poi sono rimasti a casa, vorrei che provassero anche loro questa piccola grande gioia, questa immensa soddisfazione.
Mi commuovo, ringrazio mia moglie e le mie figlie che mi hanno permesso una tale magnifica esperienza, ringrazio la mia mamma che non c'è più e che, ne sono sicuro, mi ha aiutato come sempre. Ah, dimenticavo (chissà perchè……..) il mio tempo è stato 4h 24m 16s, per me un bellissimo tempo, superiore anche a quello preventivato, l'ultimo del mio gruppo di amici, ma ne sono ugualmente orgoglioso, cammino bene, non ho affanni, mi sto godendo ogni fotogramma di questa incredibile pellicola.
Auguro a chi avrà avuto la pazienza di leggere questa mia piccola memoria, di poter fare la mia stessa esperienza, prima o poi, sicuro che, come per me, sarà una di quelle degne di essere raccontate ai nipoti.
Un abbraccio a tutti, specie al mio amico Fabrizio e alla sua famiglia e, a seguire, a Mauro, Enrico, Paola e Alessandro che hanno condiviso con me quest'avventura americana.

 

Luca Fiori, 7 novembre 2010

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